LA FORZA: nel rispetto IL CUORE: nella coscienza

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I “TESTIMONI DI GIUSTIZIA”

La figura del “testimone di giustizia” è stata introdotta dalla Legge 13/2/2001 n.45 che ha apportato modifiche ed integrazioni al D.L. 15/1/1991 n.8 (conv. con modif. nella L. 15/3/1991 n.82). Originariamente nella Legge del 1991 si dettavano le norme per i “pentiti” o comunque definiti “collaboratori” indifferentemente senza distinzione tra artefici di reati e “spettatori informati dei fatti”.

In sintesi (lettura dettagliata delle Leggi di cui sopra) tali figure si possono così riassumere nei loro connotati peculiari:

  • Pentito è colui che facente parte attiva a tutti gli effetti di un gruppo o di una vera e propria “organizzazione” a delinquere, individuato dalle forze dell’ordine e “messo di fronte alle proprie responsabilità”, presa coscienza della propria scellerata scelta di vita che lo ha condotto a ricoprirsi di nefandi reati, folgorato da tale consapevolezza e sentendone tutto il peso sulla coscienza: si “pente”! Descritta così la cosa potrebbe farci immaginare il soggetto in questione, contrito ed inginocchiato, nell’atto di confessare il proprio delittuoso operato scongiurando la clemenza del Divino accettando come espiazione, il giusto castigo senza porre condizioni ed aspettarsi ammende.

    Nella realtà (giuridicamente parlando) la cosa è ben diversa: il pentito è colui che facente parte attiva a tutti gli effetti di un gruppo o di una vera e propria “organizzazione” a delinquere, individuato dalle forze dell’ordine e per così dire “preso con le mani nella marmellata”, alza le braccia e si “pente”, e, ben lontano dal sentirsi prostrato e desideroso di redenzione, ricorre (dando prova di gran lucidità e consapevolezza) alla Legge, che può garantirgli un sostanzioso sconto di pena – grosso modo un buon 75% – (oggi forse un po’ ridotto) perso per perso … guardando da una certa angolazione … confessare i propri delitti (roba da ergastolo) e poi, fra buona condotta, arresti domiciliari e soggiorno obbligato, scontare una pena equivalente a quella di un classico “rubagalline”, la faccenda si risolve in un grosso affare! Però, si potrebbe obiettare che un “pentito” rende un servigio alla comunità, in quanto denuncia i suoi compari … che spesso, a loro volta si pentono … Andando a colonizzare, grazie al soggiorno coatto, località in passato indenni da certi “fenomeni associativi”, protetti, mantenuti, e liberi (in virtù di una loro forte propensione alla socializzazione ed al business ) di crearsi nuove amicizie, con il conseguente instaurarsi di una sorta di succursali della “casa madre”! Poiché, è cosa nota, la reiterazione dei reati da parte di una percentuale non irrilevante di costoro, che, per uscirne indenni ancora una volta e prolungare lo stato di protezione, per non perdere i benefici che da questo gli derivano o acquisirne di nuovi – si “ricordano”, lasciando intendere,- di poter rilasciare – centellinandole – nuove clamorose rivelazioni!

  • Collaboratore di giustizia: è una figura ibrida che si colloca fra il pentito ed il testimone di giustizia, né cotto né crudo (si direbbe in piemontese). Un personaggio non proprio di specchiata virtù, (sovente incensurato) non diretto artefice ed ideatore di disegni criminosi, una figura ambigua, che vive in una zona grigia, il più delle volte – suo malgrado – e che, qualora all’orizzonte minacci il profilarsi del rischio di venir coinvolto in qualcosa per la quale non ha ancora ricavato alcun utile, o raccolto soltanto briciole; o piuttosto, dopo aver usufruito di lucrosi benefici per anni, in virtù di un più che accondiscendente adattamento a “regole di mercato mafioso”, vedendo disattese le proprie ambiziose aspettative di elevarsi dal rango di semplice gregario a quello di “capo bastone”, frustrato ed assetato di vendetta contro il “vertice” che lo ha snobbato, decide di “collaborare”. Tale appellativo di “collaboratore” lo eleva un po’ rispetto al “pentito” e gli consente di godere maggiori “attenzioni”, insomma, un mantenimento garantito che lo solleva dall’angustia di procacciarsi il pane quotidiano, e, per farlo stare tranquillo viene garantita anche a costui: protezione, scorta, ecc. ecc. (vedi legge summenzionata) del resto, – salvo rare eccezioni – non ha grosse pretese e non crea grossi problemi. Non si può certo dire che anche questo si possa definire “una bella personcina”, alla pari del pentito, ma in linea di massima, se si tralascia il fatto che continuiamo a mantenerne un buon numero, difficilmente rappresenta un elemento pesantemente inquinante nel nostro territorio, anche se … sarebbe più salubre non ritrovarselo come vicino di casa per intuibili ragioni! In sovrappiù per la forte svalutazione in cui incorrerebbe il nostro immobile, specialmente se inserito in un contesto residenziale di pregio ad esclusivo appannaggio di una conservatrice borghesia subalpina, non avvezza, certamente ad “infiltrazioni” così pesantemente e giustamente, declassanti! E … non sarebbe nemmeno salubre ritrovarselo come collega di lavoro! Pur volendo sorvolare sull’etica morale del quale è depositario, risulterebbe difficile ignorare il “fattore rischio” che tale soggetto rappresenterebbe! In questo modo si andrebbe a vanificare la scrupolosa applicazione della tanto decantata Legge per “la sicurezza sul lavoro”! Nella quale, per altro non è contemplato il rischio all’incolumità fisica determinata dacoinvolgimento in atti ritorsivi a danno di pentiti”!

A proposito di lavoro: esistono più Disegni di Legge…………(53) “l’assunzione nella Pubblica Amministrazione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia ”, per apportare un emendamento alla legge ……..(54), Legge già vigente, che riguarda le “assunzioni obbligatorie a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nella P.A.”

Anche qui, sarebbe opportuno operare un sostanziale distinguo: una cosa è creare una corsia preferenziale all’accesso al lavoro per il figlio di un agente caduto in servizio; ben altra cosa fare letteralmente “carte false” per “sistemare” un ex delinquente o propaggine di esso, portatore di “alto rischio di ritorsione/ resa dei conti”! (vedi: ARTEFICI DI GIUSTIZIA)

Fortunatamente la Proposta è stata bocciata ………….(55), poiché ha tenuto conto della non fattibilità, in considerazione della non agevole possibilità di garantire in questi ambiti la dovuta sicurezza a queste categorie. Non è stata menzionata (ancora una volta!) la sicurezza che si sarebbe dovuta garantire ai comuni cittadini ignari di condividere tale pericolosa situazione!

  • Testimone di giustizia: qui è doveroso per rispetto, non indulgere in troppa ironia, in quanto abbiamo purtroppo fulgidi esempi di persone che per la Giustizia hanno dato la vita. I “veri” Testimoni di Giustizia: donne e uomini che non si sono “tirati indietro”, che hanno portato avanti con coerenza il loro progetto, in contesti socio/geografici notoriamente restii a disegni di legalità, di umanità e di dignità: persone comuni, magistrati, giornalisti, sacerdoti, personale di pubblica sicurezza, personale di scorta. Queste donne e questi uomini non ci sono più, hanno pagato la loro forza, la loro determinazione, il loro sogno, e solamente da questi, possiamo raccogliere con la testimonianza del loro sacrificio, un esempio da trasmettere ai nostri giovani, un esempio chiaro, che non lascia spazio ad ambiguità, appannaggio piuttosto di “pentiti” o “collaboratori” che finalmente sono riuscito (laddove non è stato loro consentito all’interno delle cosche del crimine) a soddisfare il loro irrefrenabile protagonismo, acquisendo ad honorem una sorta di laurea in “divulgatore della legalità”. N.b. spesati dallo Stato, quindi, da noi … solito ritornello!

    Occorre aprire una parentesi anche per quanto riguarda il trattamento economico risarcitorio riservato ai congiunti dei Testimoni di Giustizia (quelli veri): non bisogna dimenticare che purtroppo le vedove, i figli, i genitori, tutti coloro che ricavavano sostentamento dai “caduti”, da un giorno all’altro si sono trovati – oltre che a piangere la scomparsa dei loro cari – alle prese con problemi di ordine economico. Ma … la vita continua … è necessario garantire un futuro dignitoso a queste persone, ed ai figli la possibilità di studiare senza ulteriori difficoltà, all’uopo lo Stato elargisce una tantum di 200.000,00€ per la morte del soggetto, (56) (uguale per tutti, caduti in missione di pace all’estero, compresi) più un assegno mensile a partire da €500,00 mensili (previa presentazione di documentazione dei redditi già percepiti) l’ammontare del quale periodicamente rivedibile – qualora si verificassero modificazioni del reddito – il tutto consultabile nelle disposizioni di legge a favore dei superstiti …………(57).

Si presuppone che un Testimone di Giustizia non abbia mai avuto a che fare con la criminalità organizzata, che non abbia mai intrattenuto rapporti di alcuna natura nel suo interno, inoltre che non abbia ceduto ad intimidazioni, invece … si è voluto equiparare ai veri Testimoni di Giustizia sopra descritti anche coloro che dopo aver elargito mazzette a personaggi influenti, per aggiudicarsi degli appalti, e, dopo che qualche cosa non è andato per il verso giusto, li hanno denunciati , e fatti condannare, ivi compresi personaggi, (fino a ieri “compagni di merende”) che li avevano sottoposti a minacce, intimidazioni ed estorsioni! Suona come una bestemmia, definire Testimone di Giustizia chi per lunghi anni si è adeguato ad una norma atavica che impone la corresponsione di “commissioni” altrimenti chiamate “tangenti”, ed attivamente condiviso progetti lavorativi con questi “operatori del settore” ricavandone lucrosi utili!

Di fatto, questo a mio parere, ne comporterebbe di diritto l’inclusione nella categoria “collaboratori”, in quanto a tutti gli effetti favoreggiatori dell’attività criminosa, e quindi, procacciatori di illeciti guadagni a favore della criminalità denunciata! Sto operando una troppo sottile distinzione? Sbaglio nel pensare che non possa ritenersi sufficiente lo “sputare nel piatto dove si è mangiato” per tanto tempo, per ottenere una “riabilitazione” così totale, una remissione dei peccati così magnanima non riscontrabile nemmeno nell’ambito della Chiesa? Basti considerare, che, – ancora oggi – per esempio, alle persone divorziate viene precluso l’accesso ai Sacramenti! Laddove si è violato un contratto religioso, non può esistere perdono! Nel contempo, lo Stato laico applica la “carità cristiana” per il “figliol prodigo”, nei confronti di figuri che hanno violato le Leggi della società civile e li fa assurgere agli altari della Giustizia!

Comunque, si è provveduto anche a questi in termini economici, a titolo di risarcimento ed assegni di mantenimento: se per i Testimoni di Giustizia, le vittime del terrorismo, e della criminalità organizzata deceduti, il risarcimento immodificabile è di 200.000,00€, il discorso risulta essere diverso per costoro (peraltro vivi e vegeti!) qui si usano parametri ben diversi! Il risarcimento deve tener conto del giro di affari dell’impresa del soggetto. Le dichiarazioni dei redditi erano irrisorie? A quanto pare non importa! Potenzialmenteavrebbe potuto sviluppare un fatturato enorme”, ed in tal senso si è quantificata la capitalizzazione del risarcimento!!! Si dice D.L. …. (58) che deve garantire il tenore di vita esistente precedentemente allo stato di “protezione” dello Stato! Visto che non si è potuto tener conto delle dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti alla protezione, perché veramente irrisori se non inesistenti, in un intervento alla Camera dei Deputati un’Onorevole si è superato in quanto a teorie che si potrebbero benissimo definire “filosofiche”, (peraltro condivise, poi, da altri colleghi del medesimo Partito e coalizione) in base alle quali è stato calcolato “matematicamente” l’ammontare pecuniario del risarcimento, nello specifico ha disquisito sul “tenore di vita dichiarato e percepito”! Riporto le parole precise dell’”illuminato”: (Commissione Parlamentare d’Inchiesta omississ….2005) (59) …Per tenore di vita, a mio avviso non si può prescindere da quello che emerge, ormai in una accezione consolidata, nelle applicazioni delle misure di prevenzione patrimoniale dove si parla, per altri fini, del tenore di vita per valutarne la sperequazione rispetto al reddito percepito. Ma “tenore di vita”, quindi , nella giurisprudenza significa non già un reddito dichiarato, un reddito percepito, ma in concreto le disponibilità finanziarie e materiali delle quali un soggetto è titolare. Certo, nelle misure di prevenzione, questa dicotomia è funzionale rispetto all’accertamento del reddito illecito; per quanto riguarda i testimoni di giustizia, è funzionale invece al riconoscimento di un indennizzo equo. Anche in dottrina c’è una chiarissima definizione, ormai comune definizione, di “tenore di vita”, come non debba essere riferita solo al risparmio del reddito e all’impiego in beni disponibili, ma anche a qualcosa che si può definire attraverso i beni e i servizi in concreto consumati e utilizzati, cioè il tenore di vita deve riferirsi alla situazione economica complessiva del soggetto, che gli consente di essere collocato in una certa scala di reddito.

Quindi, si è nel tempo utilizzata una serie di parametri che qui posso soltanto citare (li abbiamo riportati nel documento): disponibilità di aeromobili, imbarcazioni, cavalli da equitazione, autoveicoli, residenze secondarie, collaboratori familiari, acquisto di gioielli, pellicce, beni rifugio, frequenza in alberghi e ristoranti di lusso per lungo periodo, partecipazioni a crociere, viaggi all’estero. Questi sono i parametri normalmente utilizzati ai fini della definizione del cosiddetto tenore di vita.

Come ho detto, la delibera del ………………. fa riferimento esclusivamente ai dati forniti dall’Agenzia delle Entrate con riferimento ai redditi del testimone e della moglie. Chiaramente non è stato possibile, né risulta possibile, alcun accertamento, che in concreto sembra non sia mai stato svolto, sulla ricostruzione dell’effettivo tenore di vita goduto dal testimone prima dell’ingresso nel programma di protezione, come espressamente previsto dalla legge vigente.

Personalmente, ho “percepito” nel senso di “realizzato”, che se un comune cittadino italiano conduce un tenore di vita nettamente sproporzionato al proprio reddito ufficiale è quantomeno sanzionabile, (pensiamo al redditometro di prossima adozione!) a prescindere che sia o meno un pericoloso criminale, invece in questo caso, la cosa acquista paradossalmente “titolo preferenziale” per definire un “equo” indennizzo, e pur non essendo stato dimostrato questo millantato elevato tenore di vita!!! Volendo anche qui, prendere atto, in definitiva, come già ampiamente descritto in precedenza, che una rocambolesca fantasia non faccia proprio difetto ai spregiudicati personaggi beneficiari di tale trattamento, (vedi: CHI E’ JENET) mi riesce difficile capire come si sia potuto assecondala e concretizzarla!!! Il tutto in aperto contrasto alla razionalità ed alle incongruenze riscontrate, e tutto in nome: di due diversi modi di percepire la medesima situazione … espressione di due diverse sensibilità”! Chi avrebbe immaginato che la Legge tenesse conto di certe “sfumature”! O forse … si! Es: quel “solare” personaggio, tesoriere di un Partito, che dopo essersi “appropriato” (n.b. non rubato!) di decine di milioni di euro dichiara seraficamente di averlo fatto perché: “… ne avevo bisogno!” Ed oggi, soggiorna in una sorta di beauty farm/ritiro all’odor d’incenso!? Altro esempio: disperato che ha “rubato” (n.b.: non appropriato!) un pezzo di formaggio o di carne in un supermercato perché:” … avevo fame!” Ed oggi soggiorna in una sovraffollata galera all’odor di m …! Due diversi modi di percepire la medesima situazione … espressione di due diverse sensibilità! (60)

Visto, quanto porta lontano, l’accettazione della teoria de: “i diversi modi di percepire la medesima situazione … espressione di due diverse sensibilità”? Come non farne tesoro ed oggetto di profonda meditazione?!

Ma non basta! Per poter godere di ulteriori benefici oltre quelli del “testimone di giustizia”, occorre anche indossare i panni della vittima del “racket dell’usura”, quindi: costituzione parte civile per ottenere risarcimenti pecuniari * ed usufruire della legge – su enunciata- sull’assunzione obbligatoria – in veste di “vittima”, nella P.A.! Che fantastico escamotage! Il Disegno di Legge per l’accesso all’impiego dei collaboratori ed i testimoni di giustizia nella P.A., è stata bocciato? Il “testimone”, d’incanto si trasforma in “vittima del racket dell’estorsione e dell’usura”, il gioco è fatto!

*indenizzo che per legge non “potrebbe” essere cumulabile ad altri risarcimenti in fase di risoluzione/fuoriuscita dal Programma di Protezione, anche qui – a quanto pare – è stata applicata una “interpretazione” delle norme! (61)

Non si spiega, come mai, tanti “testimoni di giustizia” si lamentino del trattamento loro riservato da parte dello Stato! Sarà una favola, che certi imprenditori rimasti caparbiamente nella loro terra a proseguire la loro attività, e pur non avendo mai intrattenuto “affari” con la criminalità organizzata ed alle prime pressioni estorsive ribellandosi hanno denunciato, si trovino oggi costretti da fattori contingenti a dover chiedere dilazioni di pagamento delle tasse all’erario? (62)

Sembra impossibile! O anche qui siamo di fronte ad una “deroga”, e costretti ad ipotizzare l’esistenza di una “casta”, anche in questo opaco ambito collaborazionista?

Ad avvalorarne l’ipotesi potrebbero essere presi in considerazione i dati riscontrabili nelle “relazioni”, in base alle quali, risulterebbe che il budget del Ministero dell’Interno, destinato agli indennizzi/capitalizzazioni per la fuoriuscita dei collaboratori/testimoni dal programma di protezione; versi in condizioni precarie,(63) insomma “il piatto piange” da quando il guru si è “aggiudicato il banco”, (vedi: IL MARITO DI JENET IL GURU DELLA GIUSTIZIA) certo che: “dove passano i coniugi La Qualunque, non cresce più l’erba!”

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